Si propone di seguito una riflessione sul tema della colpa grave e responsabilità erariale, del Dr. Flaviano Antenucci, Hospital Risk Manager, uno dei Referenti Culturali della SMLT, che è indubbiamente un esperto della materia ma che gradisce di più affermarsi dilettante… cosa che certamente non è!
Buona lettura
Dott.ssa Sarah Nalin
Segretario SMLT
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COLPA GRAVE E RESPONSABILITA’ ERARIALE in CTU: considerazioni di un esperto, suggerimenti di un dilettante
Dr. Flaviano Antenucci
Hospital Risk Manager
- LA RESPONSABILITA’ ERARIALE
Non c’è convegno in argomento sanitario, nel quale non emergano le tre Erinni della medicina “vissuta” dagli operatori: la responsabilità penale, quella erariale e quella derivante dalla crisi pandemica.
Non essendo questo il luogo adatto per parlare della prima, ha senso invece un solo, rapido accenno alla seconda, più volte evocata nelle novelle in tema RC Sanitaria (Balduzzi e Gelli-Bianco in primis) ma mai concretizzata se non nella indefinibile locuzione della “colpa grave”.
Ancora una volta, se si parla di gestione del rischio il compito di chi maneggia la materia non è né quello di minimizzare, né quello di ignorare un problema, ma di collocarlo nel suo contesto.
Il complesso di regole che sovraintende alla responsabilità erariale del pubblico dipendente (inteso ormai in senso molto più ampio, dato che il SSN assolve al suo compito anche attraverso soggetti privati, continuando anche tramite essi a fare sanità pubblica) risulta quantomai chiaro nella sua formulazione.
Chi genera un debito risarcitorio a carico della finanza pubblica a causa di un proprio comportamento durante l’esercizio delle sue funzioni, è tenuto a rifonderlo quando questo comportamento sia stato caratterizzato da dolo o colpa grave.
Tuttavia, mentre nel caso del dolo risulta agevole non solo la condizione (che è la volontarietà) ma anche quale sia il percorso di prova di tale elemento soggettivo, e di conseguenza anche del percorso con il quale ci si scagiona, non altrettanto può dirsi della colpa grave.
Solitamente, ci si rappresenta la colpa grave come una sorta di colpa “in crescendo”, talmente elevata da divenire “insopportabile” quale elemento determinante la condotta lesiva: insomma, la colpa grave è l’ultimo piano di un edificio (la colpa) dove la grandezza della colpa è così sovrastante da spingere ogni sua possibile scusante a farsi da parte!.
La realtà naturalmente è molto diversa, proprio perché provare una colpa caratterizzata da evidenza, grandezza (riferita alla colpa, non al danno!), totale inescusabilità e sostanziale inaccettabilità è un’attività non distante dalla “probatio diabolica”…
La stessa Corte dei Conti, pertanto, non ha esitato a definire la colpa grave quella abnorme inosservanza delle elementari norme della professione[1] che confina questa ipotesi molto più facilmente nella derubricazione di un dolo, piuttosto che nell’ascesa incontenibile del peso di una colpa!
b. VALUTARE LA SUSSISTENZA DI UNA COLPA GRAVE IN CTU: UNA PROPOSTA
L’esercizio che mi propongo di fare non è certo quello di dettare linee guida: non ne ho l’autorità né le competenze; ma ci provo comunque – esclusivamente basandomi su questi 35 anni di esperienza nel mondo della responsabilità medica – al solo scopo di fornire qualche spunto di riflessione, certamente migliorativo.
Se, dunque, la colpa grave ben difficilmente può essere un attributo “suppletivo” della colpa, tale da farla divenire insopportabile, è molto più semplice considerare il fatto che – pur essendo teoricamente il dolo una categoria ben più granitica ed unitaria della colpa – un evento è ontologicamente volontario non solo quando se ne desidera l’effetto e si pongono in essere condotte funzionalmente adeguate ad ottenerlo, ma almeno in altri due casi:
- Quando, pur non volendo quell’effetto, si pongono in essere condotte tali da rendere chiaro che l’agente era cosciente del fatto che la loro successione così come attuata aveva buone probabilità di produrre l’evento.
- Quando, pur non volendo quell’effetto, le condotte poste in essere portano inevitabilmente ad ottenerlo, eliminando quindi nella loro successione ogni aleatorietà rispetto alla produzione dell’evento.
Questa dualità potrebbe sembrare arbitraria, ma si tratta in realtà della traduzione dei due attributi che la Corte dei Conti utilizza per definire la “colpa grave”, laddove il primo punto evidenzia l’”abnormità” dell’inosservanza, e il secondo si riferisce all’elementarità delle norme e dei comportamenti sistematicamente violati per giungere all’evento.
Supponendo – anche solo per amore della discussione – che arrivati a questo punto del ragionamento qualcuno si sia convinto di quanto prima affermato, mi affretto a puntualizzare che a mio avviso nemmeno queste valutazioni sono sufficienti a dirimere la questione sulla sussistenza di questa colpa così qualificata.
In molti casi, infatti, ad uno specialista potranno sembrare “ovvie” delle caratteristiche della lex artis che invece per il particolare contesto nel quale la prestazione si è svolta potevano non essere il “minimo esigibile”: allo stesso modo, ad un consulente con più ampia veduta giuridica potrebbe sembrare non abnorme una inosservanza perché dà per scontato un contesto che conosce e che potrebbe dequalificare la gravità della condotta.
La soluzione che permette – per la mia opinione – il raggiungimento del massimo grado possibile di completezza ed obiettività sta ancora una volta nel recupero del senso più profondo e qualificante dell’attività del Consulente Medico Legale in ambito erariale (ma a mio avviso anche civile, e viceversa) e cioè fornire tutti gi elementi valutativi al Giudicante, raffinandone la portata e la qualità in modo da rappresentare il miglior “distillato” di conoscenza tecnica, ordinato e preparato però in modo da essere immediatamente utilizzabile dal Magistrato per la sua valutazione.
Il gradiente di gravità della colpa tale da farla assurgere a causa di responsabilità erariale è infatti un problema valutativo che nasce dalla sintesi di fatto, tecnica e diritto, e come tale non può che competere non ad un arbitro, ma al Magistrato.
Ed ecco cosa a mio avviso rende la Consulenza Tecnica medico legale sul tema completa ed utile a questo fine:
- SINOSSI dei fatti e del caso, basata su elementi probatori certi e tale da rendere chiara la concatenazione delle condotte.
- INQUADRAMENTO. L’unico momento dove dovrebbe prevalere la tecnica medica su quella medico-giuridica, giacché è il passo della consulenza dove si dichiarano e si funzionalizzano le competenze necessarie e quelle messe in atto.
- SINTESI. E’ il momento più alto, perché è quello dove il valente medico legale fà la differenza. Il momento dove anche l’opinione (soprattutto l’opinione) dell’estensore crea una “proposta” di legami tra condotte ed evento, esposta in modo da essere finanche “scomponibile” per il Magistrato che legge ed intende (ad esempio) fornire una sua lettura, mutuando però gli elementi valutativi da ciò che il Consulente Tecnico espone.
- EPICRISI. Se i passaggi precedenti hanno chiarezza, lucidità e completezza, le conclusioni diventano qualcosa di molto, molto più alto di una sorta di “lodo” come tante volte capita purtroppo di leggere. Il giudizio epicritico sarà tanto più efficace quanto più riuscirà ad essere non anticipazione di sentenza, ma dima sulla quale costruire una sentenza motivata e solida, che è il presupposto principe che rende le decisioni giudiziali accettabili sia dal vincitore, sia dal soccombente.
Una consulenza che sappia porre l’accento sulla documentabilità di ciò che afferma, e che sappia trascendere conclusioni alle quali non può giungere, fornendo invece una formidabile piattaforma sulla quale il Magistrato può risolvere motivatamente una vertenza: questa è l’idea di efficacia che ho maturato in questi anni, e l’impellenza diventa ancora maggiore quando il tema sia così scivoloso e scottante come la colpa grave nella responsabilità erariale.
Un umorista americano diceva “l’esperto è una persona che evitando tutti i piccoli errori punta dritto alla catastrofe!”.
Fortunatamente nessuno di noi, che sia medico legale, avvocato, risk manager, specialista di branca, ha tutto questo potere, ed in ogni caso il mio innato ottimismo mi fa invece pensare che si tratti una volta per tutte di intendersi sul senso del termine “vittoria”.
Un Consulente Tecnico di parte “vince” se riesce a far passare le sue motivazioni e conclusioni come valide, un CTU vince se il suo lavoro è utile nella sua interezza a sorreggere una sentenza motivata, o comunque una decisione che ponga fine alla lite.
In definitiva, a ben guardare, una Consulenza Tecnica medico legale è sempre “vittoriosa” quando gli elementi che porta sono rilevabili, utilizzabili, riscontrabili, incontrovertibili.
Come dice un noto maestro di arti marziali: “Il buon allievo vince dopo essersi battuto. L’esperto vince prima di lottare. Il maestro vince senza combattere”.
[1] Così scrive il Dott. Ciaramella in “Diritto e Conti”, “Le responsabilità Contabili, tutti i contributi-La sopravvivenza normativa della colpa grave nella responsabilità erariale”: “n definitiva, l’imputazione di una responsabilità amministrativa a titolo di colpa grave può continuare ad esercitare, anche alla luce dei principi costituzionali( art.li 24, I comma, 28 e 97 della Costituzione) la sua funzione anche di deterrenza nei confronti comportamenti dannosi per il pubblico erario, a condizione che sia chiaramente evincibile, dalle decisioni dei giudici, che vengono sanzionati casi eccezionali, in cui i comportamenti siano frutto di palese ed assolutamente non giustificabile negligenza o imperizia, valutata, ex ante, sulla base di fatti rigorosamente oggettivi.