Si propone di seguito una riflessione sul tema del danno biologico, del Dott. Enrico Pedoja, Presidente SMLT ove puntualizza alcune valutazioni della Suprema Corte che si ritengono non esaustive nella valutazione del concetto di danno biologico.
Buona lettura
Dott.ssa Sarah Nalin
Segretario SMLT
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È ancora valido il concetto tecnico unitario ed onnicomprensivo di “danno biologico”, quale presupposto risarcitorio delle componenti biologiche del “danno non patrimoniale”?
Di Enrico Pedoja
Premessa
L’immodificata configurazione medico legale del concetto di danno biologico, esaminata in relazione alle attuali necessità di una parametrazione risarcitoria onnicomprensiva, equilibrata e non automatica del danno alla persona, determina la persistenza di un sostanziale “equivoco” interpretativo tra i Medici legali e i Giudici di Cassazione, basato su una “incongrua interpretazione” tecnica: ritenere di avere, col solo barème, la possibilità di definizione completa ed automatica delle componenti biologiche del “danno non patrimoniale”, che, in osservanza ai principi espressi dalle note Sentenze Gemelle delle Sezioni Unite del 2008, sono costituite dalla lesione della salute e dal correlato peggioramento delle condizioni di vita quotidiane: binomio non necessariamente automatico, anzi spesso dissonante tra quanto appare accertabile e quantificabile secondo barème (come invalidità permanente biologica) rispetto alla effettiva percezione di peggioramento “esistenziale“ conseguente agli aspetti qualitativi della menomazione stessa.
1-Il Postulato medico legale di “danno biologico”
E’ noto a qualsiasi specialista medico-legale quale sia la definizione di “danno biologico”, così come sostanzialmente stabilita dalla Società Italiana di Medicina Legale nel 2001.
1) Il danno biologico consiste nella menomazione permanente e/o temporanea all’integrità psico-fisica della persona, comprensiva degli aspetti personalidinamico-relazionali, passibile di accertamento e di valutazione medico-legale ed indipendente da ogni riferimento alla capacità di produrre reddito.
2) La valutazione del danno biologico è espressa in termini di percentuale della menomazione all’integrità psicofisica, comprensiva della incidenza sulle attività quotidiane comuni a tutti.
3) Nel caso in cui la menomazione stessa incida in maniera apprezzabile su particolari aspetti dinamico-relazionali e personali, la valutazione è completata da indicazioni aggiuntive da esprimersi in forma esclusivamente descrittiva.
4) In caso di menomazioni plurime la percentuale del danno biologico permanente deve essere espressa in base alla valutazione della effettiva incidenza del complesso delle menomazioni stesse sull’integrità psico-fisica della persona comprensiva delle limitazioni “dinamico-relazionali”.
2) La Questione del “parametro tecnico”
Presso atto di quanto finora definito dalla Medicina Legale, si deve considerare che i predetti principi costitutivi del concetto medico legale di “danno biologico”, ove finalizzati a presupposto di parametrazione risarcitoria del danno alla persona, risentono di una oggettiva “approssimazione applicativa scientifica”, quasi un “sofisma medicolegale”, che ha portato ad un paralogismo liquidativo talora foriero di possibili “sperequazioni risarcitorie”.
Per qualsiasi Specialista Medico-Legale esperto del Settore, è noto che l’intervento tecnico dello specialista medico legale sul danno alla persona si basa esclusivamente sull’integrazione degli elementi probatori clinico-strumentali ricavati in corso di indagine tecnica con parametri afferenti esclusivamente a disfunzionalità anatomiche e/o psichiche dell’essere umano (cosiddetti Baremes) così da consentire di esprimere, motivatamente, la stima del danno biologico con percentuali di invalidità permanente calcolate esclusivamente rispetto a riferimenti “convenzionali” di disfunzionalità anatomica o psichica.
La variazione percentuale della invalidità permanente biologica si basa dunque su esclusivi criteri clinico – strumentali di riferimento scientifico ma in nessun caso l’eventuale incremento o decremento del parametro “invalidità “permanente biologica (la causa) determina tassativamente, una automatica e proporzionale ricaduta negativa (effetto) sugli atti della vita quotidiana
Dissonanza che appare ancor più evidente ove si debbano considerare –ai fini risarcitori- anche le ripercussione della invalidità biologica sugli aspetti dinamico relazionali, derivandone la scarsa valenza probatoria dello stesso “postulato “ medico legale di danno biologico.
In sostanza il baréme esprime solo riferimenti percentualistici di disfunzionalità biologica rispetto al 100% della validità anatomo-psichica dell’essere umano
Non a caso più correttamente in altri Paesi – come ad esempio in Francia ove si adottano barèmes valutativi sostanzialmente sovrapponibili – la definizione del “danno” afferisce esclusivamente alla “ incapacità funzionale biologica***”,cioè la riduzione del potenziale fisico, psichico sensoriale o intellettuale risultante da un attacco all’integrità corporea di una persona, che cosa differente dal concetto di ricaduta negativa sul fare quotidiano e sugli aspetti dinamico relazionali
** Incapacitè fonctionelle Accademie de Medicine 2022…
Incapacité qui caractérise une fonction ou un individu devenus incapables d’accomplir la tâche assignée. L’incapacité d’une fonction organique s’évalue à partir de la capacité normale du système d’accomplir sa fonction. Les capacités se mesurent à l’aide d’une grandeur physique ou d’une valeur économique et se calculent à partir d’une fonction logarithmico normale: l’incapacité va de 0 % (capacité normale) à 100 % (incapacité totale).” , le taux d’incapacité mesure le déficit fonctionnel qui se définit comme la réduction du potentiel physique, psycho-sensoriel ou intellectuel résultant d’une atteinte à l’intégrité corporelle d’une personne.
Va altresi’ considerato che, con l’avvento del concetto medico legale di “danno biologico”, i convenzionali parametri di disfunzionalità’ anatomo-psichica riportati nei “Baremes” e precedentemente utilizzati per valutare il decremento del “fare reddituale” (ovvero il danno alla capacità lavorativa generica), sono stati trasferiti apoditticamente alla valutazione del potenziale decremento sul “fare areddituale” e della ricaduta sugli aspetti dinamico relazionali. Parametri rimasti sostanzialmente invariati (tranne qualche occasionale “maquillage”), nonostante fosse mutata la previsione del “danno conseguenza” risarcibile.
Ci si deve, dunque, chiedere:
Come è possibile connettere –in ipotesi di sistema liquidativo tabellare– la stessa “causa” (invalidità permanente biologica) a “effetti” di danno alla persona differenti tra loro (capacità lavorativa generica rispetto agli atti della vita quotidiana e sugli aspetti dinamico relazionali) ..?
Come si può giustificare che una analoga quota di invalidità permanente biologica determini sempre una analoga ricaduta negativa sul “fare quotidiano” del danneggiato…?
Come si può ammettere che l’apprezzamento “quantitativo” di un danno alla persona (Invalidità permanente biologica) possa ricomprendere gli aspetti “personali e dinamico relazionali dello stesso”.
Per fare un semplice, ma concreto, esempio applicativo il Giurista dovrebbe domandarsi il motivo per cui un soggetto splenectomizzato (valutato complessivamente secondo bareme con una IP del 10%) ha la stessa ricaduta sul fare quotidiano e sui comuni aspetti dinamico relazionali rispetto ad altro danneggiato portatore di una anchilosi della caviglia, di ben altro impatto esistenziale, al quale qualsiasi barème assegna una analoga Invalidità permanente del 10%.
Sono due entità di danno alla persona totalmente differenti (sia per la ricaduta sul “fare quotidiano e dinamico relazionale”, sia sul “sentire” del danneggiato) che dimostrano l’incongruità liquidativa delle Tabelle ove correlate in via automatica alla sola componente “quantitativa” di danno biologico (la I.P.).
Considerazioni che assumono particolare rilievo per i casi definibili, secondo applicazione degli stessi Barème e per prassi valutativa medico legale, quali “macro -invalidità”, ma costituiti, di fatto, dal computo complessivo di lesioni di lieve entità, con ricaduta esistenziale palesemente difforme rispetto a casi di analogo riscontro “quantitativo” ma rappresentati, tuttavia, da un’unica macro menomazione.
Si consideri ad esempio la stima di una IP nell’ordine del 15% conseguente al computo di menomazioni plurime “coesistenti“ dovute agli esiti di traumatismo plurifratturativo costale semplice associato a esiti medi di un frattura para articolare di polso in arto non dominante, a esiti medi di frattura composta di alcuni metatarsi e ad esito cicatriziale estetico apprezzabile localizzato in regione corporea non coinvolgente il volto, rispetto ad analoga IP del 15% riferibile agli esisti di grave frattura articolare di ginocchio trattata con protesi: è possibile ammettere la stessa ricaduta della complessiva Invalidità permanente biologica sugli atti della vita quotidiana sugli aspetti dinamico relazionali?
La logica ed il buon senso porterebbero ad escluderlo.
Si tratta, quindi, di “squilibri valutativi dell’attuale postulato medicolegale di danno biologico, utilizzato ai fini di prova risarcitoria tra causa ed effetto” forieri, ove sussista un automatismo liquidativo, di evidenti sperequazioni risarcitorie, che necessitano, in contesto di un metodo di liquidazione tabellare, di opportuni ed adeguati parametri correttivi medico-legali.
Sulla base di tali considerazioni ne deriva che, ai fini di una formulazione liquidativa del danno non patrimoniale di tipo “tabellare”, che preveda quale presupposto base la sola disfunzionalità anatomo-psichica, la “prima personalizzazione” risarcitoria del danno non patrimoniale non potrà che realizzarsi con l’applicazione di un distinto parametro di ordine “qualitativo“ per determinare l’effettiva ricaduta “esistenziale“ della disfunzionalità accertata sul comune fare personale e sentire di qualsiasi persona portatrice di quella determinata condizione menomativa.
Componente di danno “ontologicamente” differente e svincolata dal “danno morale” che – come già affermato dalla stessa Cassazione- non ha alcuna connessione con la disfunzionalità biologica.
In altri termini, una parametrazione che valuti – con criterio presuntivo medico legale – quale sostanziale ripercussione negativa, sul quotidiano fare personale e sui correlati comuni aspetti dinamico relazionali, sia in grado di determinare la menomazione su qualsiasi danneggiato: in altri termini parametri qualitativi adeguati ad inquadrare e definire la componente esistenziale del danno biologico stimabile dal medico legale in termini di “sofferenza menomazione correlata” **
Ferma restando comunque la possibilità di ogni ulteriore integrazione risarcitoria extra tabellare relativa a componenti esistenziali “peculiari“ del danneggiato pur derivanti dalla stessa menomazione e ove specificatamente allegate.
** Il principio tecnico medico legale ufficializzato dalla Società Medico Legale Triveneta in occasione dell‘Italian Meeting nel corso del Convegno dell’International Academy of Legal Medicine – Venezia 21-24 giugno 2016: La componente soggettiva del danno alla persona: “sofferenza lesione/menomazione correlata”.
3) L’anomalia liquidativa della inabilità temporanea in ambito Rc auto e sanitaria
Qualsiasi specialista medico legale è consapevole che non sussiste alcun rapporto prestabilito tra valutazione dell’entità e decorso della lesione (inabilità temporanea biologica) e valutazione dell’invalidità permanente biologica.
La comune esperienza medico legale insegna che eventi lesivi significativi, pur evolvendo in modo similare (ossia con determinazione di periodi di IT definibili tecnicamente, sia sotto il profilo cronologico che qualitativo, in modo pressoché uguale) possono stabilizzarsi con postumi superiori od inferiori al fatidico 9% di invalidità permanente, derivandone una evidente illogicità tecnica nell’applicazione di differenti parametri di liquidazione della inabilità temporanea a seconda se la lesione si stabilizza con postumi invalidanti inferiori o superiori al fatidico 9%.
Ciò comporta, quindi, che i parametri di liquidazione della inabilità temporanea biologica, invece di ancorarsi all’effettiva entità ed evoluzione della “lesione – malattia” vengono erroneamente rapportati, nella normativa vigente, ad un limite di variabilità disfunzionale menomativa (soglia del 9% di IP) che contrasta con l’effettivo valore probatorio e risarcitorio del “danno – conseguenza” connesso all’inabilità temporanea biologica.
Il problema, dunque, è primariamente di ordine liquidativo, stante la differente parametrazione monetaria prevista per le “lesioni di lieve entità” rispetto a quella prevista per le “lesione di non lieve entità”, ove la logica dovrebbe prevedere un parametro unico modulabile a seconda del grado di intercorrente ricaduta della lesione e della malattia sul “sentire” e “fare personale” nonché sugli aspetti dinamico relazionali del danneggiato.
Una valutazione tecnica della “componente qualitativa” della lesione/malattia biologica consentirebbe, dunque, una opportuna – e soprattutto equa – modulazione del risarcimento della inabilità temporanea.
Conclusioni
Alla luce delle criticità interpretative del “postulato” medico legale di “danno biologico”, appare sempre più pressante ed improcrastinabile una sostanziale “revisione” dello stesso principio “tecnico” e dei parametri medicolegali ad esso correlati (la componente “quantitativa” e quella “qualitativa”) ai fini di una adeguata definizione risarcitoria del danno non patrimoniale (principi in parte già concettualmente recepiti dall’Osservatorio del Tribunale di Milano e da molte altre sedi Giudiziarie, come ad esempio per la Tabella di Liquidazione del Tribunale di Venezia), dovendosi approfondire ulteriormente la discussione tra Medico Legale e Giurista nella prospettiva di utilizzare parametrazioni tecniche “adeguate” ed “equilibrate” ai fini di una maggiore perequazione risarcitoria delle poste biologiche del danno non patrimoniale.
Dott. Enrico Pedoja
Medico legale Presidente SMLT