Commento alla Sentenza della Corte dei Conti Umbria 25.02.22 n.9
La Sentenza della Corte dei Conti Umbria 25.02.22 n.9 pone delle riflessioni sulle transazioni della Pubblica Amministrazione e sulla scelta di addivenire alle stesse ponendo l’attenzione sulla discrezionalità di talune decisioni.
Si propone di seguito un breve commento alla sentenza del Dr. Flaviano Antenucci, Hospital Risk Manager, la cui esperienza è trentennale in Risk management, Diritto Assicurativo e Diritto Sanitario.
Dott.ssa Sarah Nalin
Segretario SMLT
——–
. ———____
Commento alla Sentenza Corte dei Conti Umbria 25.02.22 n. 9
Dr. Flaviano Antenucci
Hospital Risk Manager
“Dunque finalmente si può dire…
Si può dire che – nonostante l’infinito percorso dei cd decreti attuativi conosca proprio in queste settimane una nuova giravolta – ci sono dei principi oramai inevitabili perché hanno dietro storia, consistenza e stabilità.
Si può dire che nessun dubbio normativo potrà arrestare un corso inevitabilmente teso a considerare rischio, gestione e richieste risarcitorie come un’attività connaturata e dunque non ancillare rispetto a tutte le altre attività che ruotano intorno alla produzione di cure ed alla tutela della salute del paziente.
Si può dire – infine – che nessuna pretesa “peculiarità” dell’attività sanitaria potrà distoglierla in Occidente dal binario del “rischio industriale”, dove la filiera produttiva è certamente appannaggio della conoscenza e della scienza specifica del settore produttivo, ma quella manageriale e gestionale non possono, non devono essere gestite con le stesse conoscenze e le stesse responsabilità delle attività “core”.
Nessuna altra produzione industriale ha mai preteso di gestire l’azienda come gestisce la produzione, nessuna ha mai invocato peculiarità tali da posizionarla fuori dai meccanismi responsabilistici che inevitabilmente la coinvolgono.
Nessuna ha mai cercato eccezioni alle regole, e piuttosto ha sviluppato al proprio interno competenze diverse da quelle core, per poter affrontare al meglio ed in coerenza con i propri obiettivi ed i propri rischi il proprio stare sul mercato.
E’ possibile quindi provare a fare un facile pronostico, anzi due:
- Quale che sarà la forma e la denominazione, il diritto attesterà la necessità di certificare, ovvero di gestire in maniera tecnicamente sostenibile i fondi sinistri ed i fondi rischi, come componenti essenziali del bilancio e risultanti da un’attività corale e nient’affatto appannaggio dei soli portatori di conoscenza in campo medico.
- Premesso quanto sopra, sarà impossibile esimersi dallo svolgimento di attività discrezionali e decisionali, che dovranno sempre più dotarsi di solidi supporti multidisciplinari (il che le differenzierà sempre dalle decisioni “arbitrarie”) ma che in definitiva conserveranno l’importanza e la potenza risolutiva delle decisioni discrezionali.
E’ la realtà delle best practices nazionali in questo campo ad aver dettato le norme ancor oggi in sospeso, il cui contenuto pertanto non potrà discostarsi da quanto detto prima proprio perché non imposte, ma già praticate con successo da qualcuno!
E tutto questo cosa c’entra con l’intenzione di scrivere qualche riga di commento a questa motivatissima decisione della Corte dei Conti, che pone a carico dei ruoli apicali di una struttura la differenza tra un conveniente accordo transattivo (mai concluso) e la più alta somma del decisorio giudiziale?
Cosa c’entra con il sacrosanto principio – che la Corte detta – che chi è chiamato a gestire e a decidere non possa nascondersi dietro il fatto che non aveva formalmente abbastanza informazioni per comprendere la situazione? Che non possa nascondersi dietro la presenza di argomenti difensivi “sufficienti” a resistere?
Personalmente, credo che il fulcro di questa decisione non sia la decisione in sé, e questo è il motivo di questo “non commento”: dire che una discreta transazione è in genere una soluzione migliore rispetto a una bella sentenza non è di per sé un fatto epocale, proprio perché è cosa nota.
Il punto è esattamente questo: essendo cosa nota, il futuro delle decisioni anche in campo erariale si deve giocare sulla pertinenza delle decisioni, e non sulla loro formale inattaccabilità.
Sulla consistenza della pluralità delle conoscenze necessarie per decidere, ed infine sulla obbligatorietà di procurarsi le informazioni mancanti, che non sono quelle che compongono il 100% del quadro (perché in ogni attività industriale il 100% dei dati in una qualsiasi vertenza lo si raggiunge solo quando non c’è più soluzione…) ma sono quelle sufficienti a sorreggere e a motivare una svolta risolutiva, preferibilmente senza vinti e vincitori…
Nessuna acciaieria risolverebbe le sue vertenze (sindacali, industriali, di responsabilità civile) sulla sola base delle competenze sui materiali, nessuna finanziaria considererebbe in una vertenza la sola rappresentazione dei suoi processi fatta dall’interno. Nessuna attività sanitaria può risolvere la patologia di un paziente e poi la sua eventuale vertenza con gli stessi strumenti.
Già molto tempo fa John W. Gardner, a suo tempo Secretary of Health, Education & Welfare negli Stati Uniti diceva: “ Ci troviamo continuamente di fronte a una serie di grandi opportunità brillantemente travestite da problemi insolubili”.
Il cambio di passo nella gestione dell’attività sanitaria è inevitabile e già scritto, e se le norme che lo hanno trascritto direttamente dalla realtà non vedranno la luce, questa evoluzione continuerà lo stesso, prendendo ad esempio la forma di sentenze come questa.”
In campo “erariale” il gioco delle decisioni è sulla pertinenza o sulla inattaccabilità?
Commento alla Sentenza della Corte dei Conti Umbria 25.02.22 n.9
La Sentenza della Corte dei Conti Umbria 25.02.22 n.9 pone delle riflessioni sulle transazioni della Pubblica Amministrazione e sulla scelta di addivenire alle stesse ponendo l’attenzione sulla discrezionalità di talune decisioni.
Si propone di seguito un breve commento alla sentenza del Dr. Flaviano Antenucci, Hospital Risk Manager, la cui esperienza è trentennale in Risk management, Diritto Assicurativo e Diritto Sanitario.
Dott.ssa Sarah Nalin
Segretario SMLT
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Commento alla Sentenza Corte dei Conti Umbria 25.02.22 n. 9
Dr. Flaviano Antenucci
Hospital Risk Manager
“Dunque finalmente si può dire…
Si può dire che – nonostante l’infinito percorso dei cd decreti attuativi conosca proprio in queste settimane una nuova giravolta – ci sono dei principi oramai inevitabili perché hanno dietro storia, consistenza e stabilità.
Si può dire che nessun dubbio normativo potrà arrestare un corso inevitabilmente teso a considerare rischio, gestione e richieste risarcitorie come un’attività connaturata e dunque non ancillare rispetto a tutte le altre attività che ruotano intorno alla produzione di cure ed alla tutela della salute del paziente.
Si può dire – infine – che nessuna pretesa “peculiarità” dell’attività sanitaria potrà distoglierla in Occidente dal binario del “rischio industriale”, dove la filiera produttiva è certamente appannaggio della conoscenza e della scienza specifica del settore produttivo, ma quella manageriale e gestionale non possono, non devono essere gestite con le stesse conoscenze e le stesse responsabilità delle attività “core”.
Nessuna altra produzione industriale ha mai preteso di gestire l’azienda come gestisce la produzione, nessuna ha mai invocato peculiarità tali da posizionarla fuori dai meccanismi responsabilistici che inevitabilmente la coinvolgono.
Nessuna ha mai cercato eccezioni alle regole, e piuttosto ha sviluppato al proprio interno competenze diverse da quelle core, per poter affrontare al meglio ed in coerenza con i propri obiettivi ed i propri rischi il proprio stare sul mercato.
E’ possibile quindi provare a fare un facile pronostico, anzi due:
E’ la realtà delle best practices nazionali in questo campo ad aver dettato le norme ancor oggi in sospeso, il cui contenuto pertanto non potrà discostarsi da quanto detto prima proprio perché non imposte, ma già praticate con successo da qualcuno!
E tutto questo cosa c’entra con l’intenzione di scrivere qualche riga di commento a questa motivatissima decisione della Corte dei Conti, che pone a carico dei ruoli apicali di una struttura la differenza tra un conveniente accordo transattivo (mai concluso) e la più alta somma del decisorio giudiziale?
Cosa c’entra con il sacrosanto principio – che la Corte detta – che chi è chiamato a gestire e a decidere non possa nascondersi dietro il fatto che non aveva formalmente abbastanza informazioni per comprendere la situazione? Che non possa nascondersi dietro la presenza di argomenti difensivi “sufficienti” a resistere?
Personalmente, credo che il fulcro di questa decisione non sia la decisione in sé, e questo è il motivo di questo “non commento”: dire che una discreta transazione è in genere una soluzione migliore rispetto a una bella sentenza non è di per sé un fatto epocale, proprio perché è cosa nota.
Il punto è esattamente questo: essendo cosa nota, il futuro delle decisioni anche in campo erariale si deve giocare sulla pertinenza delle decisioni, e non sulla loro formale inattaccabilità.
Sulla consistenza della pluralità delle conoscenze necessarie per decidere, ed infine sulla obbligatorietà di procurarsi le informazioni mancanti, che non sono quelle che compongono il 100% del quadro (perché in ogni attività industriale il 100% dei dati in una qualsiasi vertenza lo si raggiunge solo quando non c’è più soluzione…) ma sono quelle sufficienti a sorreggere e a motivare una svolta risolutiva, preferibilmente senza vinti e vincitori…
Nessuna acciaieria risolverebbe le sue vertenze (sindacali, industriali, di responsabilità civile) sulla sola base delle competenze sui materiali, nessuna finanziaria considererebbe in una vertenza la sola rappresentazione dei suoi processi fatta dall’interno. Nessuna attività sanitaria può risolvere la patologia di un paziente e poi la sua eventuale vertenza con gli stessi strumenti.
Già molto tempo fa John W. Gardner, a suo tempo Secretary of Health, Education & Welfare negli Stati Uniti diceva: “ Ci troviamo continuamente di fronte a una serie di grandi opportunità brillantemente travestite da problemi insolubili”.
Il cambio di passo nella gestione dell’attività sanitaria è inevitabile e già scritto, e se le norme che lo hanno trascritto direttamente dalla realtà non vedranno la luce, questa evoluzione continuerà lo stesso, prendendo ad esempio la forma di sentenze come questa.”
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