Alcune riflessioni in merito a un recente decreto attuativo della Gelli-Bianco

Si propone di seguito una riflessione del Dr. Flaviano Antenucci, Risk Manager libero professionista, uno dei Referenti Culturali della SMLT in merito a un decreto attuativo della Legge Gelli che è stato annunciato dal Ministro del Made in Italy, On. Urso, e che dovrà trovare condivisione con il Ministero della Salute e dell’Economia e Finanza.

Buona lettura

Dott.ssa Sarah Nalin

Segretario SMLT

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Dr. Flaviano Antenucci

Risk Manager libero professionista

In uno splendido racconto della fantascienza “pessimista” degli anni ’70, un uomo innamoratissimo parte per il Pianeta dell’Amore per imparare le parole più giuste per dire alla sua compagna quanto la ama. Dopo un anno di studi, al suo ritorno può finalmente dire in maniera perfetta ciò che prova: una “simpatia veramente sostanziale”. Inutile dire che entrambi presero coscienza che il loro amore non era tale.

Non sempre, a quanto pare, riflettere più a lungo produce risultati migliori.

Ci eravamo lasciati, sui decreti attuativi, con alcune aree di attenzione importanti, legate al fatto che evidentemente la fretta (non è una battuta) di comporre un testo e di mediare diverse esigenze poteva aver lasciato sfuggire qualche ingenuità facilmente rimediabile, e qualche tecnicismo ingiustificato.

Ebbene, quelli sono rimasti tutti.

Sono certo che nel giro di qualche giorno verranno prodotte analisi del testo più precise e più puntuali di quanto potrei essere capace, quindi vorrei limitarmi a qualche rapido commento sui punti salienti, cioè su quelli dove il decreto produrrà immediatamente risultati reali (e, a mio parere non sempre positivi).

Sul “glossario”: dopo tanti anni e tante esperienze, escludere normativamente (e tassativamente, a quanto pare) dalla definizione di “sinistro” ogni altro fatto che non sia la richiesta risarcitoria (testualmente: la richiesta di cartella clinica, l’accertamento tecnico non ripetibile, la querela e l’avviso di garanzia) può sembrare garantista ma non lo è: introduce altrettanti possibili “fatti noti” che renderebbero più dura e non più semplice la vita dell’assicurato. Non a caso perfino gli assicuratori – da anni – preferivano introdurre la cd deeming clause, con il dichiarato obiettivo di ricomprendere queste fattispecie per non lasciare questi “non sinistri” in un limbo nel quale né l’assicuratore precedente, né quello successivo annovereranno l’azione risarcitoria finalmente pervenuta come garantita: quello precedente, appunto, perché il sequestro di cartella clinica non è sinistro in claims made, mancando richiesta, e quello successivo perché la situazione che ha originato la richiesta costituisce “fatto noto”.

Gli assicuratori che operano nella medmal non sono tanti: bastava chiedere.

E se qualcuno lo avesse chiesto, anche il successivo art. 4, quello dei “massimali minimi”, non avrebbe mai potuto prevedere massimali diversi secondo le categorie di rischio (è noto che un poliambulatorio rischia meno di un ospedale) perché in assicurazione non si fa così! E a ragione!

Se una Panda è meno rischiosa di un furgone non si abbassano i massimali, perché il leso da una Panda non vale meno del leso da un furgone: si abbassano i premi.

Quanto alle eccezioni opponibili (cioè i casi nei quali l’assicuratore può eccepire anche al danneggiato i limiti della sua polizza nel garantire il sanitario o la struttura) non sembra sia stato dimenticato nulla: insomma, le eccezioni sono tutte e quelle che si possono ragionevolmente opporre all’assicurato…

Forse si poteva dedicare tutto questo inchiostro nel definire meglio come si fa a ritenere le “analoghe misure” una pratica coerente quando non si analizzano i motivi, ma si richiede null’altro che una esplicita delibera.

Le analoghe misure non sono affatto analoghe: in questi anni c’è stato tutto il tempo per verificare che hanno fatto ricorso a questo escamotage sia strutture che non potevano fare altrimenti (ad esempio perché un assicuratore non lo hanno trovato) sia strutture che hanno fatto “risparmi” sul premio senza poi rendicontarne la convenienza, o meglio l’eventuale convenienza.

Non resta che tenersi ciò che di buono era già successo nelle puntate precedenti, e che non è variato nei passaggi tra una bozza e un’altra: la necessità del risk management e un fermo richiamo alla multidisciplinarietà dell’analisi e gestione dei rischi risarcitori e dei sinistri, l’urgenza di costruire bilanci che tengano conto delle richieste risarcitorie e smettano di considerarle come “incidenti”, la certificazione obbligatoria dei fondi rischi e sinistri, peraltro “interoperabili” e con obbligo di ricostituzione anche in corso d’anno…

E su queste ultime righe una ultima considerazione: i più preparati amministratori di strutture sanitarie, anche pubbliche, hanno ben chiaro la gestione dei sinistri e il risk management sono un costo, ma non hanno chiaro quasi mai che i sinistri sono un costo! E ricorrente, e prevedibile, quindi necessariamente da inserire in bilancio con le stesse regole degli altri costi.

Ma questa è un’altra storia, ormai, e occorrerà una nuova occasione (se ci sarà) per tornare a parlarne seriamente.

Se stiamo ancora parlando di “scudo penale” con il plauso di intere categorie (che continuano a non aver chiaro che per legge si può fare in modo che non si venga condannati, ma mai si può evitare il processo), e cioè di una “non soluzione “ di un “non problema” (tutto ciò che deve terminare in assoluzioni o archiviazioni termina già così) forse i tempi non sono maturi per altro, e allora – come nel racconto cui alludevo – questo non è “amore”, ma nient’altro che “una simpatia veramente sostanziale”.

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